martedì 26 gennaio 2021

La Giornata della Memoria al Museo Novecento

 Museo Novecento, Firenze

Giorno della Memoria

27 gennaio 2021





Pitchipoi


un’opera di Claire Fontaine


a cura di Paola Ugolini



Manni


un film di Riccardo Iacopino


da un racconto di Giorgio van Straten


 


Per il terzo anno consecutivo, il Museo Novecento di Firenze celebra il Giorno della Memoria, e questo 27 gennaio 2021 lo fa con un doppio appuntamento. Nella parte coperta del loggiato all’esterno del museo, proprio a fianco della targa che ricorda l’uso che venne fatto delle Leopoldine come luogo di reclusione per prigionieri politici ed ebrei, verrà installata la scritta al Led Pitchipoi, un’opera del collettivo Claire Fontaine, già presente in facciata con la grande frase luminosa Siamo con voi nella notte. All’interno del museo, nella sala cinema, verrà proiettato invece per l’intera giornata, il film Manni di Riccardo Iacopino, prodotto dal Museo Novecento e realizzato a partire da un racconto di Giorgio van Straten, che in questa occasione si presenta anche nella veste di ‘attore’ protagonista.


“Mai abbassare la guardia contro mali assoluti come nazismo, fascismo, xenofobia e antisemitismo – dichiara l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi – e per farlo dobbiamo utilizzare tutti i mezzi possibili, anche quello dell’arte. Grazie al museo Novecento per tenere ogni anno viva la memoria e per accogliere di nuovo i visitatori con queste proposte che raccontano la tragedia della Shoah attraverso le immagini, un modo per continuare a riflettere, per stimolare la conoscenza e per parlare alle nuove generazioni di temi che non vanno dimenticati”.

"Sono sinceramente grato al Museo del Novecento ed al direttore Risaliti – dice Alessandro Martini, assessore alla cultura della memoria – per l'impegno ormai consolidato nel rendersi presente con proposte di grande qualità culturale ed artistica che assumono il carattere della testimonianza viva di una memoria da coltivare oggi più che in passato. Educare e non dimenticare per guardare al futuro con più speranza e coesione nel bene e rispetto per tutte le diverse realtà dell'umanità intera. Grazie di cuore"


La collaborazione fra il Museo Novecento e il duo artistico Claire Fontaine è cominciata in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne e di genere il 25 novembre scorso. Ed è proseguita nel mese di dicembre, in occasione di Flight, Firenze Light Festival, con la grande scritta luminosa, Siamo con voi nella notte, che ha trasformato la facciata del Museo in un ideale diaframma tra l’interno dell’edificio e la piazza di Santa Maria Novella. Pitchipoi, la terza tappa di questo percorso espositivo a cura di Paola Ugolini, resterà nel loggiato sino all’11 marzo. “Il 27 gennaio di 76 anni fa – racconta Paola Ugolini – le truppe sovietiche arrivarono per prime nella città polacca di Auschwitz, scoprendo il campo di concentramento e rivelando per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazifascista. Pitchipoi era il nome di una località immaginaria in cui gli ebrei, in attesa nel campo di transito di Drancy, in Francia, credevano di dover andare ed è oggi la scritta al neon che verrà installata sulla parete esterna del museo, vicino alle lapidi che ricordano la deportazione degli ebrei e dei prigionieri politici fiorentini durante la Seconda Guerra Mondiale”. Era prassi normale, per i nazisti, quella di nascondere agli ebrei la loro destinazione finale. Pitchipoi, dunque, fu immaginata per rispondere ad una domanda, per colmare un vuoto. Una parola yiddish, dal suono fiabesco e rassicurante, inventata per esorcizzare la paura, ma che nella mente terrorizzata di centinaia di ebrei, veniva presto a prendere le sembianze più spaventose: un luogo dove sarebbero stati costretti ai lavori forzati, per molti sinonimo di maledizione eterna. Un luogo che comunque nessuno poteva immaginare mostruoso come fu, nella realtà, il campo di Auschwitz dove andarono a morire.


           


Manni, è un film di Riccardo Iacopino che ha per protagonista lo scrittore Giorgio van Straten, autore di un racconto dedicato a Manfred Buchaster, detto giustappunto Manni, uno dei tanti bambini di cui l’Olocausto ha fatto perdere completamente le tracce. Nel film lo scrittore fiorentino legge la storia romanzata del piccolo Manni, scomparso negli anni terribili delle deportazioni, senza lasciare tracce dietro di sé, salvo un suo piccolo ritratto e una foto. “Ci sono delle storie che divengono ossessioni” racconta van Straten, spiegando come è nato il racconto. “Storie che ti seguono per anni e non riesci a dimenticarle. Quella di Manfred Buchaster mi è rimasta in mente dal giorno che ne ho letto la prima volta. Una vita fra le tante distrutte dalla Shoa, un’ingiustizia che va moltiplicata per milioni di volte”.  Manfred Buchaster era nato nel 1938 a Lipsia, in Germania, e sappiamo che nel 1943 era stato arrestato in Italia, a Costa di Rovigo. Cosa fosse successo prima di quella data e, soprattutto, cosa sia accaduto dopo quel momento è stato inghiottito nell’immensa tragedia dell’Olocausto, insieme alle storie di tantissimi altri ebrei dispersi. Van Straten, che ha letto di lui per la prima volta nel ‘Libro della memoria’, dedicato a chi non è stato deportato, ma è comunque diventato una vittima della Shoa, ha deciso di mettersi sulle sue tracce e piano piano, tra le testimonianze di chi si era occupato di lui, dopo che era stato separato dai genitori, è riuscito a ricostruirne una parte della vicenda, che viene narrata in questo breve ma intenso film di Riccardo Iacopino. Attraverso la voce di Giorgio van Straten, la vita di Manni, inizialmente scandita solo dalle date di nascita e di morte, prende forma e diventa un’esistenza vera, riscattata dall’oblio. E grazie a questo prezioso racconto e a questo film, sembrano poter fare lo stesso tutte le altre vite, perse in quel tragico periodo, che nel gesto stesso di essere raccontate riescono a trovare pace ricongiungendosi finalmente ai vivi.  


 


“Per questo Giorno della Memoria, in cui tutti noi siamo chiamati a ricordare i valori fondativi delle nostre democrazie, il Museo Novecento non si sottrae al suo ruolo di custode del passato e strumento di educazione e riflessione frontale con i lati più oscuri della storia e delle società umane, come già abbiamo fatto nella giornata contro la violenza sulle donne”, afferma Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento. “Mai come adesso occorre prendere la parola, assumere una posizione rilevante, cercando di scartare le false e inutili retoriche di antichi monumenti. Così il 27 gennaio Museo Novecento propone un doppio appuntamento, coinvolgendo l’artista Claire Fontaine e lo scrittore Giorgio van Straten, entrambi con un progetto dedicato alla tragedia dei bambini nell’apocalisse della Shoah. Da un lato la terribile discrepanza tra la fiabesca e magica parola yiddish Pitchipoi ed il male assoluto che essa rappresentava, dall’altra la straziante vicenda di Manni che come centinaia di bambini ha conosciuto l’orrore dell’Olocausto ed è scomparso senza poter raccontare la sua tragedia. Sta a noi il compito di ricordare, non per esorcizzare, ma per annientare ogni possibile rigurgito di quella violenza disumana che furono il nazismo e il fascismo”.


 


 


Museo Novecento

Piazza Santa Maria Novella 1

50123 Firenze


Lunedì, martedì, mercoledì e venerdì ore 11.00-19.00 | Giovedì ore 11.00-14-00

www.museonovecento.it


Fabrizio Del Bimbo 

Nicoletta Curradi 

giovedì 21 gennaio 2021

Fuà , il foie gras secondo lo chef Fabio Barbaglini


Desiderio di bontà e gusto, anche dopo le "abbuffate" natalizie? Ci pensa Dolce Emporio, la recente realtà enogastronomica I gestita da Fabio Barbaglini e dalla moglie Federica. Il classico paté di foie gras diventa Fuà per accontentare i buongustai più esigenti. 

Diversi tipi  di  Fuà si possono infatti assaggiare e acquistare al Dolce Emporio:  al naturale, alle fragoline in mostarda e pepe rosa, al mandarino candito e pepe di timut. 
Nel negozio in Borgo San Frediano Fuà conquista con la sua bontà. 
La ricetta dello chef Fabio Barbaglini prevede la marinatura del fegato con Marsala Florio e spezie che variano a seconda della tipologia. Il torchon viene cotto al vapore senza aggiunta di conservanti, panna o burro. Pronto per essere gustato accompagnato da pochi granelli di fleur de sel o da una composta  di frutta in grado di esaltarne la naturale dolcezza. 



La storia del foie gras vanta origini molto antiche. La predisposizione dell’oca alla produzione di fegato grasso era già nota molto tempo prima, ma furono i Romani a rendere il prodotto speciale. “Iecur Ficatum”, così essi definivano il fegato delle oche nutrite con fichi: una tecnica che doveva essere diffusa, se nel corso del tempo, e nel passaggio dal latino all’italiano, il termine ficatum è rimasto a definire tutto il fegato. Durante il medioevo la sua produzione in Italia invece si perse, identificandosi solo più tardi con la tradizione gastronomica francese.
Attraverso i secoli, il fegato grasso rimane comunque protagonista e occorre dare merito al popolo ebraico se attraverso il Medioevo è c giunto fino all’era moderna il segreto per ingrassare le oche da fegato, in Ungheria, Francia e Italia. Il nome francese “foie gras” diviene così testimonianza della predilezione che per questo cibo avevano i re di Francia e i loro cuochi. 
Siamo abituati a pensare all’oca come animale da cortile. L’oca in origine però utilizzava le ali per compiere lunghe migrazioni e volare anche a quote elevate. E’ persino un abile nuotatrice, anche se non può essere considerata un uccello acquatico, come cigni e anatre. L’oca è a suo agio in terra, in mare e in cielo, ed è logico che il suo derivato più prezioso, il fegato grasso abbia in cucina una versatilità difficilmente riscontrabile in altri prodotti. 
Nella grande cucina internazionale, il foie gras è pertanto un autentico mito, formatosi e consolidatosi in epoche di esperienze gastronomiche. La differenza tra il foie gras d’oca e quello d’anatra è che quest’ultimo si scioglie meglio e più rapidamente e, pur essendo molto delicato, ha un sapore leggermente più deciso. Ogni chef che si rispetti conosce, infatti, personali elaborazioni sul tema. L’esperto chef Fabio Barbaglini ha creato il suo Fuà, elaborandolo con cura e ricchezza di dettagli   inserendolo nella linea Fiori di Spezie. Un viaggio attraverso luoghi lontani e suggestivi: il percorso inizia con il torchon di fegato d’anatra al naturale, continua poi con il foie gras con fragoline in mostarda e pepe rosa, per terminare infine con quello al mandarino candito e pepe di Timut.

La preparazione, affinata nel corso degli anni e custodita come un prezioso segreto, prevede la marinatura del fegato con Marsala Florio e spezie, che variano a seconda della tipologia. Sale grigio atlantico, pepe di Sechuan, pepe bianco di Sarawak, bacche di coriandolo, curcuma e cardamomo per la versione più pura; pepe rosa, sale integrale, vino dolce naturale di Rivesaltes millesimato e affinato con metodo Solera, oltre a fragoline in mostarda oppure Pepe di Timut originario del Nepal, sale integrale, vino dolce naturale di Rivesaltes e mandarini canditi dell’Antica Confetteria Pietro Romanengo per i nuovi arrivi. Dopo la marinatura, il torchon viene cotto al vapore, senza aggiunta di conservanti, panna o burro: una procedura che preserva delle contaminazioni e rende il foie gras pronto per essere gustato accompagnato da pochi semplici granelli di sale o da una composta di frutta in grado di esaltarne la dolcezza.

Il packaging rispecchia la cura del dettaglio. 


Fuà nei formati da 150 e 300 grammi, è accompagnato da una cartolina con le istruzioni per la degustazione, in scatole di metallo impreziosite da una trama grafica che cambia ogni volta riprendendo i principali ingredienti. La versione al naturale è realizzata anche nel formato 500 grammi, destinato unicamente alla ristorazione. La linea Fiori di Spezie è acquistabile online e presso il Dolce Emporio, la nuova boutique del gusto di Borgo San Frediano.

Info: www.dolcemporio.shop/

Nicoletta Curradi





Pier Luigi Ferrini ci ha lasciato

 Pierluigi Rossi Ferrini, una vita trascorsa con il sorriso a fianco dei malati



Il 21 gennaio 2021 ci ha lasciato 


Pierluigi Rossi Ferrini è nato a Sarteano (Siena) nel 1930. Sposato, tre figli, laureato in medicina col massimo dei voti e la lode, nel 1954 ha iniziato subito la carriera universitaria diventando, nel 1970, primario di ematologia (era il più giovane d’Italia) dell’arcispedale di Santa Maria Nuova e raggiungendo il culmine della carriera accademica con la nomina di professore ordinario di ematologia all’Università di Firenze e direttore della relativa Scuola di specializzazione. E’ stato presidente della Società italiana di ematologia, tra le più antiche e prestigiose società al mondo del settore, e si è sempre occupato attivamente anche del volontariato in campo sanitario. Ha portato a Firenze le prime terapie efficaci per la cura delle leucemie, dei linfomi e delle malattie emorragiche. Nel 1970 ha organizzato una vacanza al mare per 80 bambini emofilici al fine di dimostrare che, con le cure adeguate, anche loro possono avere una vita normale. Per molti anni è stato presidente di AIL Firenze (Associazione Italiana contro le Leucemie) ed era ancora consigliere di AIL nazionale. E’ stato presidente del Comitato scientifico della biobanca Leonardo da Vinci di Fiorgen che ha sede presso il Polo scientifico universitario di Sesto Fiorentino. E’ stato Socio, membro del Comitato di Indirizzo, Consigliere di Amministrazione e, dal 2013 al 2016, è stato Vice Presidente di Fondazione CR Firenze.


Nicoletta Curradi 

Fabrizio Del Bimbo