venerdì 29 settembre 2023

La Toscana del tennis si presenta nella serie A 2023 con 8 squadre





La Toscana tennistica si presenta alla serie A con otto squadre. Al Match Ball Firenze, come tradizione, i dirigenti, capitani e giocatori dei club toscani si sono ritrovati insieme al presidente della Fitp Toscana Luigi Brunetti, al Sindaco di Bagno a Ripoli Francesco Casini, all’assessore allo sport di Bagno a Ripoli Enrico Minelli e all’assessore allo sport del comune di Firenze Cosimo Guccione  per lanciare la nuova stagione del tennis nazionale che inizierà domenica 1 ottobre e avrà le finali domenica 10 dicembre.


Saranno cinque le formazioni della nostra regione che giocheranno la serie A1 maschile: i campioni d’Italia del Tc Sinalunga, Tc Pistoia, Tc Italia, Tc Bisenzio Prato e Match Ball Firenze, due tra le donne: Tc Italia in A1 e Tc Prato in A2 e una maschile in A2, la neo promossa Ct Giotto Arezzo



Il campionato degli affiliati 2023 sarà l'edizione numero 101 del massimo evento italiano a squadre del tennis e scatterà per la serie A1 domenica 8 ottobre: i campioni in carica sono il TC Sinalunga nel torneo maschile e la Canottieri Casale in quello femminile. La serie A2 inizierà invece domenica 1 ottobre 2023.


La Toscana oltre ai campioni in carica del Tc Sinalunga avrà altre quattro formazioni in serie A1 maschile con Tc Pistoia Girone 2 con Tc Parioli, Le Vele Messina e Selva Alta Vigevano. Il Tc Italia di Forte dei Marmi che è stato inserito nel girone 1 con Park Genova, Tc Crema e Match Ball Siracusa. Il neo promosso Tc Bisenzio Manteco Prato è stato sorteggiato con Sporting Sassuolo, Junior Perugia e Ct Palermo nel raggruppamento 4 mentre l'altra neo promossa Match Ball Firenze giocherà il derby con il Tc Sinalunga e sempre nel girone 3 ci saranno il Tc Rungg e Tc Massalombarda.



Sempre in A1 ma a livello femminile saranno protagoniste le ragazze del Tc Italia di Forte dei Marmi (girone 2: Tc Padova, Casale e Tc Rungg) mentre in A2 il team del Tc Prato avrà come avversarie il Tc Baratoff Pesaro, Tc Cagliari. Tennis Training Foligno, Stampa Sporting Torino, Ct Ceriano e Park Genova.



In A2 maschile farà il suo esordio il Ct Giotto Arezzo che è stato inserito nel girone 4 con Ferratella Sporting Club dove a Roma romperà il ghiaccio e poi giocherà in casa con il Tennis Club Genova 1893 poi Ronchiverdi, Sporting Sassuolo, St Bassano e Canottieri Casale.


Tra l'altro proprio il circolo aretino del Ct Giotto è riuscito con la formazione femminile a salire in serie A2 dopo aver superato nella finale playoff il Circolo Tennis Degli Ulivi. Dopo il 2-2 dell'andata le giocatrici toscane hanno espugnato il campo pugliese per 3-1 e hanno così festeggiato la promozione in serie A.


“Per la Toscana è un onore e una grande soddisfazione poter schierare otto formazioni nella serie A a squadre a testimonianza di un movimento in crescita – spiega Luigi Brunetti, presidente Fitp Toscana – che unisce la parte agonistica dei club e quella sociale perché la caratteristica delle formazioni è quella di far giocare i vivai quindi i giocatori nati e cresciuti nel circolo insieme ai campioni”


“E’ tradizione iniziare la stagione dei campionati con la presentazione delle squadre toscane di serie A al Match Ball Firenze – mette in luce Leonardo Casamonti vice presidente Match Ball Firenze - e anche quest’anno, tra l’altro nostro 50esimo anniversario parteciperemo alla serie A1 maschile dopo 30 anni. Un momento bello per il nostro circolo e per il tennis della nostra regione che è molto unito”.


“Bagno a Ripoli è sempre più casa dello sport e soprattutto del tennis – spiegano Francesco Casini ed Enrico Minelli Sindaco e assessore dello sport del Comune di Bagno a Ripoli -  con l’organizzazione di grandi eventi e la partecipazione al massimo campionato a squadre”


“Il simbolo di Firenze è un valore aggiunto per i club e sono sicuro che il Match Ball Firenze – dice Cosimo Guccione assessore allo sport del Comune di Firenze -  capace di raccogliere tutte le formazioni toscane tennistiche saprà rappresentare al meglio il Giglio della nostra città”.  


Nicoletta Curradi 

Foto di Piero Camel


giovedì 28 settembre 2023

Una mostra per i 50 anni di Unicoop Firenze




Alla Stazione Leopolda di Firenze, inaugurata la mostra che celebra il cinquantesimo della cooperativa. 


La mostra, ad ingresso libero, sarà visitabile fino al 12 ottobre dalle 9.30 alle 20.30: un'occasione aperta a tutti, per ripercorrere la storia di Unicoop Firenze, della Toscana e dell'Italia, e per festeggiare insieme l'importante traguardo dei cinquanta anni


50 anni di Unicoop Firenze: una storia di persone: questo il titolo della mostra che celebra il cinquantesimo della cooperativa e che è stata inaugurata questa mattina, alla Stazione Leopolda di Firenze, alla presenza di Daniela Mori, Presidente del Consiglio di Sorveglianza, Dario Nardella, Sindaco di Firenze, Matteo Biffoni, Presidente Anci e Eugenio Giani, Presidente Regione Toscana. La mostra, con patrocinio del Comune di Firenze e Regione Toscana, è aperta al pubblico fino al 12 ottobre, dalle 9.30 alle 20.30, ad ingresso libero e con possibilità di prenotare l'ingresso nella fascia oraria di preferenza. La mostra, che occupa interamente lo spazio della Stazione Leopolda, è allestita con spazi a tema, installazioni video, un'area dedicata alla Fondazione Il Cuore si scioglie, uno spazio Bibliocoop, un Coop.fi temporaneo e un punto ristoro: in calendario, un ricco programma di eventi, alcuni riservati ai dipendenti della cooperativa, alle scuole e alle sezioni soci Coop, e altri aperti a tutti e sempre gratuiti. La mostra è l'occasione per festeggiare con soci, clienti e cittadini l'importante traguardo dei cinquanta anni, raccontando la storia della cooperativa, della Toscana e un po’ anche dell’Italia. Un racconto, quello che si può rivivere alla Stazione Leopolda, che è soprattutto una storia di persone, quelle che hanno contribuito a portare avanti il lavoro e a far crescere la cooperativa fino a contare un milione e centomila soci, oltre ottomila dipendenti e un indotto che dà lavoro in Toscana a circa 13mila persone. È grazie al contributo di tutti, lavoratori della cooperativa, fornitori, soci e clienti, se oggi la cooperativa può continuare a svolgere il compito per cui è nata: offrire prodotti sani e di qualità a prezzi equi e sostenibili.


La mostra


Nella mostra la storia della cooperativa è rappresentata come un albero: il percorso immersivo parte dalle radici, che rappresentano le origini della cooperativa, attraversa il fusto, dove immagini e disegni catapultano il visitatore direttamente dai primi anni ’70 agli inizi del terzo millennio, per arrivare alla chioma dell'albero. Una metafora, quella dell’albero, che vuole rappresentare passato, presente e futuro di Unicoop Firenze. Così Unicoop Firenze è quella che è oggi grazie al movimento di uomini e donne che tanti anni fa hanno intravisto il futuro e hanno lavorato insieme per costruirlo. Lungo l’albero immagini, foto, testi, video che raccontano al visitatore come si è evoluta la società e come è cambiata Unicoop Firenze in questi anni fino a diventare, con il contributo di tutti, la cooperativa che conosciamo oggi. La storia raccontata nella mostra si compone di eventi epocali a livello internazionale, nazionale e locale, ma anche di vittorie sportive, di canzoni che hanno segnato un’estate, di cambiamenti nel costume. Tutti questi momenti, insieme a quelli rilevanti della cooperativa, compongono un panorama della storia italiana in cui le persone che visiteranno la mostra potranno ritrovarsi e riconoscersi.


Dichiarazione Daniela Mori, Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze


«Quando, qualche anno fa, cominciammo a pensare come celebrare l’importante traguardo dei cinquant’anni che Unicoop Firenze avrebbe raggiunto nel 2023, l’idea di una grande mostra aperta alla popolazione ci sembrò il modo migliore per festeggiare insieme. Attraverso la mostra vogliamo raccontare una storia corale, quella di tutte le persone che hanno creduto nella cooperativa, contribuendo, non solo al raggiungimento dei risultati economici, ma anche al perseguimento di una società più equa. Quello di oggi è un taglio del nastro speciale e davvero emozionante che sigla una tappa e, insieme, ci proietta in un futuro tutto da scrivere, ancora una volta insieme. La storia, quella di domani, ha ancora bisogno di una cooperativa che faccia la propria parte e noi ci proveremo».


Le tappe della storia


Il 28 aprile 1973 segna l’inizio della storia della cooperativa: in quella data, al Circolo Rinascita di Sesto Fiorentino viene eletto il consiglio di amministrazione della nascente realtà che metteva insieme (l’atto ufficiale di fusione avverrà il 25 luglio 1973) le due maggiori cooperative di consumo allora esistenti nell’area della Toscana centrale. Toscocoop e Unicoop Empoli negli anni erano cresciute grazie a numerosi accorpamenti e la decisione di diventare tutt’uno, era già cosa nota dagli inizi del 1972. Quel 28 aprile viene eletto presidente Turiddo Campaini, che resterà alla guida della cooperativa per oltre 40 anni, contribuendo alla crescita progressiva e inarrestabile di Unicoop Firenze. Da quella data in poi la mostra narra le tappe, grandi e piccole, della storia della cooperativa: la crescita degli anni '80 e lo sviluppo di una rete di vendita moderna e strutturata, le grandi campagne consumeriste e le prime battaglie di stampo ecologico, il passaggio ai punti vendita di grandi dimensioni e la successiva marcia indietro a favore di modelli di supermercato più contenuti, passando per la nascita della carta socio che, nel 1996, sostituisce il libretto con i buoni-sconto e la sperimentazione del Salvatempo, a partire dal 1998. Se dai primi anni del 2000 la cooperativa acquista una dimensione globale, con missioni solidali e attività di sostegno all'estero, nei Paesi in via di sviluppo, gli anni dal 2008 in poi raccontano una cooperativa e un mondo alle prese con gli shock delle crisi a livello globale, la recessione prima, la pandemia poi e infine la crisi energetica: anni durante I quali nel 2014, alla presidenza di Unicoop Firenze viene eletta Daniela Mori, e la cooperativa segna la storia della Toscana con grandi iniziative popolari, come i crowdfunding culturali a favore di beni artistici, un impegno crescente in campo ambientale con iniziative come Arcipelago pulito, Liberi dai rifiuti e la nascita del Bosco di Montopoli. Una storia che arriva fino ai giorni d'oggi, con gli ultimi eventi come l’incendio del punto vendita di Ponte a Greve, a Firenze, nel 2021, e la sua riapertura a marzo 2022. 



Il libro


Mezzo secolo di Unicoop Firenze è il libro firmato da Andrea Giuntini, realizzato per raccontare i primi 50 anni della cooperativa e che verrà presentato domani, 29 settembre, alle 17, presso lo spazio eventi della Stazione Leopolda. Con l'autore, alla presentazione interverranno Roberto Negrini, Presidente Legacoop Toscana e Luca Bagnoli, Presidente dell'Opera del Duomo. Nel libro Andrea Giuntini, già professore di storia economica all’Università di Modena e Reggio Emilia, ha ricostruito le tappe della storia della cooperativa con rigoroso criterio scientifico, andando a spulciare i libri sociali e i tanti documenti di valore storico conservati nell’Archivio di Unicoop Firenze, una miniera ricca di testimonianze, libri, fotografie, oggetti, che trova spazio nella sede istituzionale di via Santa Reparata 43 a Firenze. Il libro racconta l'evoluzione, dalla miriade di spacci e botteghe, allo sviluppo di una capillare e variegata rete di vendita, fino a una delle più grandi cooperative del nostro Paese, che, ancora oggi, continua ad avere come riferimento per le proprie scelte i principi fondativi della cooperativa. Quella che emerge dal volume è la fotografia di una cooperativa che ha attraversato i cambiamenti della società, cercando di interpretarli al meglio, senza mai adattarsi a qualunque condizione o modello dominante, ma ancorandosi al principio della difesa del consumatore come pilastro imprescindibile del proprio scopo. Nel periodo della mostra il libro Mezzo secolo di Unicoop Firenze è disponibile gratuitamente presso lo Spazio Informatore all’interno della Stazione Leopolda. Successivamente sarà disponibile presso le sezioni soci Coop.


Info e eventi in calendario


La mostra è visitabile fino al 12 ottobre, tutti i giorni, dalle 9:30 alle 20:30. Durante i giorni infrasettimanali, dalle ore 16:30 alle 20:30, è consigliata la prenotazione al link www.coopfi.info/eventi per garantire l’orario di ingresso. I principali eventi in calendario:


- 29 settembre - ore 17:00 Presentazione del libro “Mezzo secolo di Unicoop Firenze” di Andrea Giuntini


- 30 settembre - ore 17:00 – Presentazione dei progetti della Fondazione Il Cuore si scioglie


- 1 ottobre – dalle ore 10:00 alle ore 19.00 – Firenzegioca Off


- 7 ottobre - ore 10:30 – Storia di un supermercato inclusivo

- 8 ottobre - ore 17:00 – Un’altra vita è possibile, Carlo Sorrentino intervista Turiddo Campaini


- 9 ottobre - ore 17:00 – Crisi e prospettive della globalizzazione, Marco Tarquinio intervista Romano Prodi


- 11 ottobre – ore 11.00– Incontro sulla cultura cooperativa, con Emanuele Felice e Stefano Mancuso


- 12 ottobre - ore 18:30 – Festa di chiusura, letture e musica con Gaia Nanni



Fabriz seio Del Bimbo 


mercoledì 27 settembre 2023

Zoè Gruni espone alla Galleria Il Ponte

 



La Galleria Il Ponte riparte con 


ZOÈ GRUNI


Motherboard



28 settembre - 17 novembre

2023


inaugurazione

giovedì 28 settembre h 18.30

in occasione di:



Presentazione del libro 


Zoè Gruni. Segunda pele, Ed. Metilene, Pistoia 2023





Il Ponte riapre la stagione espositiva - dopo la pausa estiva - con la personale dedicata a Zoè Gruni in

occasione della seconda edizione della “Florence Art Week” (settimana dell’arte che si svolge a Firenze

dal 28 settembre all’8 ottobre), che pone la città al centro della produzione artistica contemporanea.


La mostra si articola attraverso tre diversi progetti presentati mediante video-installazioni, video-performance, stampe lambda su alluminio e tecniche miste su stampa fotografica: Segunda pele, Fromoso, Motherboard.


“La mia ricerca artistica nasce dal bisogno di esorcizzare la paura del diverso. A partire da una riflessione intima che tende a una dimensione collettiva, il mio corpo è l’elemento catalizzatore che si

estende verso gli altri attraverso interazioni di vario genere. Il filo conduttore dei miei progetti è la

performance ma le azioni non sono pensate in forma di spettacolo bensì come un processo in costante

evoluzione…


L

La multimedialità delle performance, la fotografia, il disegno, la scultura, il video e le installazioni mia

permettono di spaziare fra i vari mezzi espressivi lasciando che questi si sovrappongano. Prediligo ia

lavori manuali e artigianali che mi connettono a una dimensione popolare. La ricerca antropologica ea

socio-culturale è diventata per me un elemento sempre più importante. Anche la partecipazione deglia

altri nel mio lavoro è fondamentale. Accolgo l’altro nel progetto e lo invito a interagire, talvolta come

protagonista, altre volte come partner con cui creare una temporanea collettività. È molto complesso

lavorare con il proprio ego ma nonostante le difficoltà è esattamente quello che voglio: sperimentare la

vita attraverso l’arte” (Zoè Gruni).


SEGUNDA PELE


Segunda pele; 2017/2019, video-installazione a due canali, 8'42''. Zoè Gruni e Alexis Zelensky. Performance: Anis

Yaguar, Iah Bahia, Kaete Terra, Lucas Roberto, Felipe Vasconcellos, Isabella Duvivier Souza, Lucas Wollker,

Junior Ferreira, Tati Villela.


Il progetto “Segunda pele” sorge dalla necessità di ampliare il mio universo di ricerca artistica individuale verso una

dimensione collettiva. Ormai da diversi anni progetto e produco lavori basati sull’interazione fra corpo e oggetto,

performance e scultura. Oggetti performativi pensati come protesi del corpo, sculture che possono essere vestite o

abitate, usando materiali di riciclaggio. Queste “seconde pelli” diventano una sorta di filtro fra il mio proprio corpo e

il mondo aiutandomi ad affrontare territori sconosciuti e ad esorcizzare le difficoltà. La necessità di riflettere sulla

società contemporanea solleva inevitabilmente temi quali: memoria, identità, paura…e l’obiettivo è diventato

trasformare questo dialogo in azione performativa e politica. Ho deciso allora di lanciare questa stessa proposta ad

altri artisti, attraverso un corso chiamato “Seconda pelle: ibrido, memoria, riciclaggio” che ho amministrato presso la


EAV (Escola Artes Visuais) del Parque Lage, a Rio de Janeiro, durante due anni fra il 2017 e il 2019. Gli incontri sono avvenuti in un ambiente di scambio e convivenza ed il progetto ha aggregato spontaneamente giovani artisti e attivisti che usano il corpo come linguaggio. Trattasi di esperienze contemporanee nell’era della comunicazione.


Identità mutanti che hanno bisogno di urlare contro l’oppressione e imporsi in una città estremamente violenta e

transfobica, in un paese colonizzato che continua razzista, in una società globalizzata ogni giorno più malata.

Trattandosi di immagini in movimento è stato necessario ricorrere al mezzo audio-visuale, così è nato il desiderio di

una collaborazione con il cineasta Alexis Zelensky per produrre video tratti da questo lavoro. Il set delle azioni dei

performers è la foresta del Parque Lage (foresta urbana di Rio de Janeiro), anch’esso un elemento pulsante e vivo

che lotta per sopravvivere nel contesto urbano della città. Ogni performance è un lavoro autoriale sviluppato a

partire dalle pulsioni del proprio individuo ma il mosaico di tutte queste azioni diventa un lavoro collettivo. Le differenze soggettive si incontrano, si rafforzano e si uniscono nella lotta contro questa “paura liquida” che permea la società contemporanea e che ci vuole divisi per controllarci. Nonostante le difficoltà esiste ancora speranza per

chi crede nell’arte, e nella cultura in generale, come veicolo di resistenza. 



FROMOSO


Fromoso; 2019/2020, video-performance, 2'33''. Riprese e montaggio: Lyana Peck, Naiara Azevedo; performance:

Ana Kavalis; musica: Jeff Gburek. 


“Fromoso” è una video-performance ispirata al concetto di antropofagia. L’azione è stata realizzata in una discarica

di carri del carnevale nell’area portuaria di Rio de Janeiro. Il corpo della ballerina cubana Ana Kavalis si abbandona

ad un rituale esoterico nel quale viene assorbita fino a scomparire. La colonna sonora, realizzata appositamente

per il progetto, è del musicista polacco Jeff Gburek.



MOTHERBOARD


La “scheda madre” è responsabile della trasmissione e temporizzazione corretta di centinaia di segnali diversi, tutti

ad alta frequenza e sensibile ai disturbi tra processori, schede di espansione e periferiche esterne. La sua buona

realizzazione è quindi un fattore chiave per le prestazioni e l'affidabilità dell'intero circuito. “Motherboard” è un

progetto sulla maternità. Si tratta di una una serie di immagini fotografiche realizzate con l'autoscatto durante

momenti di gioco con mio figlio. La “maschera pittorica” attuata su di esse porta alla continua trasformazione dei

personaggi e talvolta all'inversione del ruolo madre-figlio. Ironia e drammaticità si confondono come anche gli

elementi simbolici presi in prestito dalla memoria collettiva: antichità, mitologia, cultura pop, tecnologia digitale e temi sociali. 



Zoè Gruni (Pistoia, 1982) attualmente vive e lavora a Pistoia dopo aver trascorso un lungo periodo fra la California e il Brasile.


Diplomata presso l’Istituto d’arte di Pistoia e laureata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, si dedica alla pratica


artistica dal 2001. Ha esposto in numerose esposizioni individuali e collettive in Italia, Svizzera, Francia, Spagna, Inghilterra,Bulgaria, Belgio, Germania, Brasile e Stati Uniti. Fra le altre: Biennale Giovani Monza (IT); 54° Esposizione d’arte Internazionale


la Biennale di Venezia - Lo stato dell’arte (IT); Yourope In Progress - Durante la Biennale, Officina delle Zattere, Venezia (IT);


MexiCali Biennial, Vincent Price Museum, Los Angeles (US-CA); Sur Biennial, Torrance Art Museum, CA (US-CA); Metropolitan


Legend, Raid Projects, Los Angeles (US-CA), LA ArtCore, Los Angeles (US-CA), O.C.C.C.A., Santa Ana (US-CA); Boitatà,


FAAP, São Paulo (BR), Kunsthalle, São Paulo (BR), Progetti, Rio de Janeiro (BR); Premio Fondazione VAF - Posizioni attuali


dell’arte italiana, Palazzo della Penna, Perugia (IT), Schauwerk, Sindelfingen (DE), Stadtgalerie, Kiel (DE); Follow me, IIC, San Francisco (US-CA); La torre di Babele, Centro Pecci, Prato (IT); Intervencoes Bradesco ArtRio, Museu da Republica, Rio deJaneiro (BR); Percorsi migranti, Fabbrica del vapore, Milano (IT); Sustainable Views, Espronceda Institute of Art and culture,


Barcelona (ES), Sonic Matter, Zurigo (CH). Ha collaborato con vari enti di ricerca come l'Università FAAP (Fudaçao ArmandoAlvares Penteado) di San Paolo in Brasile e la San Francisco Art Institute in California. Il suo lavoro è rappresentato in Italia


dalla Galleria Il Ponte di Firenze e alcune opere fanno parte di collezioni private e museali fra cui la Fondazione VAF in Germania e la EAV Parque Lage di Rio de Janeiro in Brasile. In Italia le sue opere fanno parte della collezione del Novecento di Pistoia Musei. 


Nicoletta Curradi


venerdì 22 settembre 2023

A Firenze il Summit internazionale ADACI

 



Economia, i buyers italiani: “In aumento le nostre aziende che comprano componentistica e materie prime in Italia e non all’estero, il governo sostenga processo”


A Firenze via al summit internazionale dei professionisti che si occupano di gestione acquisti e supply management: in Italia un fatturato di oltre 2 triliardi di euro. Il presidente di Adaci Santini: “Le imprese acquistano, rilocalizzando la filiera di fornitura, nel nostro Paese non solo a causa delle tensioni geopolitiche ma perché si sentono garantite sia sulla business continuity che sulla qualità dei prodotti”



 “Le aziende italiane preferiscono sempre più rivolgersi a fornitori di componentistica e servizi e ove possibile materie prime localizzati nel nostro Paese, piuttosto che andare all’estero. Il 21% delle imprese che avevano acquistato forniture estere ha effettuato poi un ‘backshoring’ parziale o totale, cioè ha poi optato per l’Italia. E’ un dato su cui il governo dovrebbe riflettere per supportare lo sviluppo imprenditoriale ed economico”. 


A dirlo è Fabrizio Santini, presidente nazionale di Adaci, l’Associazione italiana dei Manager degli Acquisti e del Supply Management che il 22 e 23 settembre a Firenze organizza l’Ifpsm World summit 23, convegno internazionale dei professionisti che si occupano di gestione acquisti e forniture. Durante l’evento si confronteranno diverse culture e modelli di business: quelli africani, americani, asiatici ed europei. I relatori si cimenteranno sui temi caldi del procurement, focalizzandosi sul tema di base del summit: “Gli acquisti come promotori di innovazione e creatori di valore aggiunto e, al contempo, come forza di contrasto all’inflazione, carenza di materiali e instabilità geopolitica”.

L’International Federation of Purchasing and Supply Management summit, giunto alla sua ventiquattresima edizione, torna in Italia dopo 46 anni. L’ultima volta fu Venezia nel 1977. A questo link il programma completo del summit: https://www.ifpsmworldsummit2023florence.com/wp-content/uploads/2023/09/BrochurePartecipantiIFPSMWorldSummit2023.pdf


“Secondo l’indagine condotta dal Centro studi Tagliacarne-Unioncamere, che ha fatto emergere il dato sul backshoring e di cui discuteremo durante il nostro summit  – continua Santini – le aziende italiane cercano fornitori nel nostro Paese a causa delle tensioni geopolitiche e con l’obiettivo di ridurre distanze e costi, ma anche per garantire la business continuity e avere una migliore qualità dei prodotti. Crediamo che il governo italiano sia chiamato a sostenere questo settore che vede coinvolte tantissime aziende e operatori per supportare lo sviluppo imprenditoriale ed economico”. 

 



“Fare acquisti oggi – spiega il presidente di Adaci – non significa solo portare a casa quanto serve alle aziende, ma essere promotori di innovazione di prodotti e processi unitamente a colleghi di altre funzioni, fornitori e partner. Significa automatizzare i processi d’acquisto, ricorrendo ove opportuno, in modo etico verso le persone, al supporto dell’intelligenza artificiale, nonché adottare concetti di sostenibilità applicata. Lo scenario in cui ha luogo il summit è caratterizzato dalla revisione delle politiche di globalizzazione e da forme di multipolarismo politico-economico, da un’inflazione elevata, dalla scarsità di materie prime e da prezzi elevati. Nuovi scenari e sfide sempre più stimolanti per gli operatori del procurement e supply management. Da qui l’importanza di avere una filiera robusta ed economicamente sostenibile ed innovativa”.


I numeri di Adaci a livello nazionale

Oltre 1500 professionisti del procurement di oltre 1000 aziende, con un fatturato di 75.000 miliardi di euro e di oltre 80.000 visitatori sul sito istituzionale www.adaci.it, in costante crescita, attraverso il quale diffonde la cultura del mondo degli acquisti a 360°. 


Adaci è l’unica Associazione riconosciuta dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy per il rilascio dell’attestazione di Qualificazione professionale a tre livelli (L1-buyer, L2-senior buyer, L3-Responsabile/Esperto) nel mondo degli Acquisti.


Adaci/Adaci Formanagement sono per il terzo anno consecutivo (2022 – 6^posto, 2021 - 15^posto, 2020 – 5^posto) Great Place To Work importante riconoscimento per la gestione del welfare aziendale sia interno che esterno.


I Numeri di Adaci della Toscana

La Sezione Adaci Toscana ed Umbria ha oltre 800 contatti professionali e 200 soci iscritti come professionisti del procurement di oltre 90 aziende (settore manifatturiero, fashion, farmaceutico, bancario, oil/gas, pubblico, informatic technology, alimentare, Logistico e Marittimo e yacht) con un fatturato di acquisto con 6 aziende associate come partner strategici con oltre 3.000 miliardi di euro, in costante crescita, attraverso il quale diffonde la cultura del mondo degli acquisti a 360°.


Nel Consiglio Nazionale di Adaci siedono, tra gli altri, i toscani: Fabrizio Santini, presidente nazionale,  Andrea Lucarelli, responsabile della Formazione e Qualifica,   Riccardo Rossi, responsabile Associativa e Sviluppo Progetto Giovani.


Nicoletta Curradi 


mercoledì 13 settembre 2023

"Costruire una civiltà nello spazio", un convegno della Fondazione Menarini

 



A Firenze dal 13 al 15 settembre il convegno “Costruire una civiltà nello spazio” organizzato da Fondazione Internazionale Menarini con NASA, SOVARIS Aerospace e The Foundation for Gender-Specific Medicine. Un evento davvero unico in cui i massimi esperti a livello mondiale faranno il punto sulle ultime novità della ricerca spaziale medico scientifica e delle sue possibili applicazioni terrestri, confrontandosi sulle nuove sfide etiche, politiche e legali che attendono l’umanità. Dalla governance della raccolta e distribuzione delle risorse di nuovi mondi, alla complessa questione dell’alterazione del genoma umano per migliorare l’idoneità ai voli spaziali, fino alla tutela dell’integrità degli ambienti dei pianeti in cui stabilire civiltà permanenti.


Dallo spazio la medicina di precisione contro l’invecchiamento


Studi sugli effetti nocivi della microgravità e delle radiazioni ionizzanti sugli astronauti aprono la strada a nuove strategie contro invecchiamento, malattie cardiovascolari e metaboliche. Allo studio anche nuovi strumenti per la medicina di precisione, dai gemelli digitali alla farmacogenomica: sviluppati per i viaggiatori dello spazio, aiuteranno anche la salute dei “terrestri”.  

Saranno centinaia o forse migliaia i civili che nei prossimi decenni si avventureranno fuori dal Pianeta Terra come turisti per vivere e lavorare nello spazio. L’irruzione in orbita di persone comuni, che non avranno la stessa preparazione degli astronauti, impone la necessità di comprendere come addestrarli e progettare una lunga permanenza nello spazio.


     Vivere qualche mese nello spazio accelera l’invecchiamento e determina cambiamenti che di solito si verificano in 10-20 anni di vita sulla Terra, con effetti deleteri su occhi, cuore, DNA e metabolismo. Ma dai numerosi disturbi che colpiscono gli astronauti al ritorno dallo spazio, legati all’assenza di gravità e alla produzione di radicali liberi, possono arrivare indicazioni utili per prevenire e curare malattie dell’invecchiamento sulla Terra. La buona notizia è che la medicina spaziale ci sta fornendo nuovi strumenti di precisione per contrastare questo fenomeno attraverso la personalizzazione di farmaci, attività fisica e dieta in base al profilo molecolare del singolo individuo. Sono allo studio anche programmi di intelligenza artificiale capaci di diagnosticare malattie prima ancora della comparsa dei sintomi, biopsie liquide che con un solo prelievo di sangue riconoscono le “spie” di diversi tipi di tumore, gemelli digitali con cui prevedere l’evoluzione delle malattie e nuovi sistemi di telemedicina per intervenire a distanza. Tutte innovazioni studiate per gli astronauti, ma che in un futuro non troppo lontano potranno aiutare anche noi “terrestri”. Ne discutono i massimi esperti mondiali riuniti dal 13 al 15 settembre alla Fortezza da Basso di Firenze per il convegno “Costruire una civiltà nello spazio”, organizzato da Fondazione Internazionale Menarini con NASA, SOVARIS Aerospace e The Foundation for Gender-Specific Medicine. L’evento vedrà medici, psicologi e biologi a confronto con astronauti, fra cui anche l’italiano generale Roberto Vittori, ingegneri, astronomi, storici, fisici ed esperti di etica, per discutere in modo multidisciplinare le principali sfide che ci attendono nella nuova era dell’esplorazione spaziale. Gli atti del seminario verranno pubblicati in un volume edito dall’Academic Press di Elsevier, che si candida a diventare un punto di riferimento per tutti gli attori coinvolti nella nuova corsa allo spazio.


LO SCENARIO – «Con crescente intensità e frequenza i nostri maggiori esperti avvertono che la continuità della nostra esistenza sulla Terra ha davanti a sé un futuro incerto. Il cambiamento climatico, l’esaurimento di importanti materie prime sulla Terra, la collisione con altri corpi celesti come gli asteroidi, l'invasione di agenti infettivi per i quali non abbiamo difesa e, in ultima analisi, il collasso del Sole stesso, sono tutti scenari possibili che rendono imperativo esplorare mondi alternativi su cui sopravvivere e preparare l’umanità alla vita su altri corpi celesti», dichiara Marianne Legato, presidente del convegno, professoressa emerita di Medicina Interna alla Columbia University, a capo della Foundation for Gender-Specific Medicine di New York. Prepararsi a questo cambiamento è dunque fondamentale dal punto di vista medico scientifico, etico e politico.


LE MINACCE DELLO SPAZIO PER LA SALUTE – La medicina spaziale è uno dei temi centrali del convegno, perché la vita extraterrestre è come uno stress test che mette alla prova ogni singola cellula del nostro organismo.


«Chi viaggia nello spazio affronta due principali sfide: la microgravità, e lo stress ossidativo, vale a dire un aumento dei radicali liberi a un livello tale da compromettere la capacità antiossidativa della cellula e provocare danni al DNA. In risposta a tutto ciò, la fisiologia umana cambia per adattarsi e il risultato è una forte accelerazione dell’invecchiamento anche di 10-20 anni», afferma Michael A. Schmidt, amministratore delegato e direttore scientifico di SOVARIS Aerospace, compagnia specializzata nella medicina di precisione per i voli spaziali che ha collaborato con la NASA allo studio degli astronauti gemelli Scott e Mark Kelly.


Anni di ricerche sugli astronauti hanno dimostrato che «lo stress ossidativo derivato, in particolare, dalle radiazioni ionizzanti, che penetrano in migliaia di cellule a dosi elevate, altera la funzione dei mitocondri, unità di produzione di energia della cellula, e di conseguenza il metabolismo di carboidrati e lipidi. Inoltre, danneggia il DNA, modifica l’espressione dei geni e altera la lunghezza dei telomeri, i “cappucci” che proteggono i cromosomi dalla degradazione e che influiscono sulla longevità. La microgravità - prosegue Schmidt - elimina l’impatto del carico sulle ossa e sui muscoli e determina una perdita di massa ossea. Inoltre favorisce una ridistribuzione dei fluidi verso la parte superiore del corpo che aumenta il rischio di trombosi e problemi alla vista. Per compensare questi cambiamenti il cuore funziona diversamente e perde contrattilità, mentre il ventricolo sinistro tende a diventare più piccolo e le pareti delle arterie si irrigidiscono».


            PIÙ RISCHI PER LA SALUTE DELLE DONNE: UNA SPINTA ALLA MEDICINA DI GENERE – La medicina di genere ha dimostrato che esistono differenze importanti fra i sessi a tutti i livelli di funzione, persino gli stessi geni, in alcuni casi, sono espressi in modo diverso. Uomini e donne non reagiscono allo stesso modo anche nello spazio e le differenze stanno emergendo man mano che aumenta il numero delle donne astronauta in orbita. «Esistono già alcuni dati interessanti, sebbene riguardino campioni numericamente ridotti», sottolinea Marianne Legato. «Uno studio recente condotto su 5 uomini e 4 donne vissuti per 5-6 mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale ha dimostrato che l’irrigidimento delle arterie carotidi aumenta in modo più marcato nelle donne. I livelli di renina e aldosterone, che regolano la pressione arteriosa, salgono di più nel sesso femminile. L’insulina aumenta in entrambi i sessi, ma i livelli di glucosio sono più alti negli uomini che nelle donne. Al ritorno sulla Terra, nelle donne si osserva una maggiore suscettibilità all’ipotensione ortostatica e il volume plasmatico risulta ridotto più che negli uomini. Altri studi, infine, hanno evidenziato come i problemi agli occhi colpiscano soprattutto gli astronauti maschi».


LE RICADUTE DELLA RICERCA SPAZIALE SULLE MALATTIE “TERRESTRI”: UN AIUTO CONTRO L’INVECCHIAMENTO – «Monitorare le conseguenze fisiche dell’esposizione degli astronauti all’ambiente ostile dello spazio è cruciale per la salute degli astronauti, ma consentirà anche di migliorare la nostra comprensione della fisiologia umana, grazie soprattutto alla medicina di precisione», commenta Michael A. Schmidt. In questa ottica, si sta già sperimentando l’utilizzo dei “gemelli digitali” degli astronauti, modelli virtuali che simulano la fisiologia dell’individuo e permettono di prevedere in tempo reale i cambiamenti dello stato di salute e delle performance fisiche durante le missioni, in modo da ottimizzare le contromisure ed elaborare strategie di intervento personalizzate.


Schmidt illustrerà anche le ultime scoperte fatte in collaborazione con la NASA nel Twin Study of One Year in Space condotto sugli astronauti Mark e Scott Kelly. Spiegherà poi il metodo messo a punto dalla sua compagnia per valutare le caratteristiche molecolari dei singoli individui e le nuove strategie di farmacogenomica applicate al volo umano nello spazio.


La medicina spaziale sta ancora muovendo i primi passi, «ma la buona notizia è che siamo anni luce più avanti rispetto alla medicina terrestre di precisione così come molti la conoscono», sottolinea Marianne Legato. «La nostra missione è portare alla nostra “famiglia terrestre” i principi degli screening e degli interventi medici impiegati negli ultimi 65 anni per gli astronauti. Utilizzando le più recenti innovazioni saremo capaci di migliorare esponenzialmente la nostra salute, le nostre performance e la longevità».


«La ricerca spaziale – precisa Marianne Legato – ci sta fornendo nuovi strumenti per realizzare interventi personalizzati in tema di alimentazione, attività fisica e farmaci in modo da prevenire le disabilità. Ma non solo: l’analisi di campioni biologici su capelli, saliva, condensato del respiro, sangue ecc. ci sta aiutando anche a comprendere le basi molecolari della fisiologia umana. L’analisi della capacità degli esseri umani di adattarsi a situazioni estreme di stress, sta ampliando anche le nostre conoscenze sulla neuroplasticità e sui meccanismi che il sistema nervoso impiega per mantenere l’equilibrio di fronte alle sfide uniche dello spazio. Prevenire o attenuare tali cambiamenti sarà prezioso per aumentare la longevità e migliorare la qualità di vita anche sul nostro Pianeta».


“Fondazione Internazionale Menarini è felice di promuovere questo evento, unico nel suo genere, che coniuga le ultime novità della ricerca spaziale con le sfide etiche, politiche e legali che attendono l’umanità. Un tentativo difficile, ma sicuramente innovativo e interessante” dichiara Alessandro Casini, presidente Fondazione Internazionale Menarini.


Il primo passo su Marte entro il 2040: nel futuro sempre più turisti e lavoratori in orbita


La prima impronta umana su Marte potrebbe essere impressa già entro il 2040: questo l’obiettivo a cui lavora la NASA, mentre il magnate Elon Musk con la sua compagnia privata SpaceX annuncia di poter battere l’agenzia spaziale americana di quasi un decennio, per poi creare insediamenti stabili con un milione di persone entro il 2050. 


Se gli esperti ancora si dividono sulla fattibilità di questi progetti, concordano invece sulla possibilità che entro pochi anni esploda la New Space Economy, con turismo spaziale, fabbriche in orbita, avamposti lunari e attività di estrazione mineraria sugli asteroidi. Uno scenario che vedrà protagonisti sempre più civili non selezionati e addestrati al pari degli astronauti professionisti.


Come prepararsi a questo futuro?


L’ESPERIENZA UMANA NELLE MISSIONI SPAZIALI – Medici, astronauti, ingegneri, astronomi, storici, fisici ed esperti di etica si confronteranno in modo multidisciplinare in questa tre giorni unica nel suo genere. Tra gli ospiti anche l’astronauta italiano, generale Roberto Vittori, che così racconta la sua esperienza nella Stazione Spaziale Internazionale, che rappresenta l’apice dei laboratori scientifici avanzati e una piattaforma unica per la ricerca, in particolare nel campo della medicina e della farmaceutica. «La microgravità sperimentata a bordo impone al corpo umano effetti negativi che possono essere paragonati a un processo di invecchiamento anticipato e accelerato», afferma Roberto Vittori. «Se ciò può sembrare dannoso, in realtà rappresenta un’opportunità unica per la ricerca medica e la scienza. Infatti, la simulazione di invecchiamento rapido a cui sono sottoposti gli astronauti a bordo, al loro ritorno sulla Terra, può essere invertita e analizzata in profondità. Inoltre, in microgravità il cervello deve adattare i suoi meccanismi di elaborazione delle informazioni, offrendo preziose indicazioni sulle capacità cognitive umane e aprendo così la strada a prossime generazioni di esploratori anche civili».


TURISTI E OPERAI SPAZIALI – Costruire opere di ingegneria nello spazio è un’impresa che l’umanità ha cominciato ormai da diversi decenni. Finora questo compito è toccato ad astronauti addestrati ed esperti, come quelli che hanno realizzato la Stazione Spaziale Internazionale, ma con la New Space Economy sta per aprirsi un nuovo scenario. «Siamo ora all’inizio di una nuova era orbitale, dove centinaia e forse migliaia di persone si avventureranno fuori dal nostro Pianeta per condurre ricerca e attività produttive in microgravità», osserva l’astronauta della NASA Janet Kavandi, oggi presidente della Sierra Nevada Corporation.


«La riduzione dei costi dei voli spaziali - continua l’esperta - offrirà inoltre nuove opportunità per i più avventurosi determinati a provare l’esperienza del turismo spaziale. La preparazione di questi viaggiatori è una nuova sfida: queste persone potrebbero non essere preparate fisicamente o mentalmente come gli astronauti che hanno scelto di fare del volo spaziale la loro professione. Potrebbero presentare condizioni mediche che in precedenza erano considerate squalificanti e facevano perdere l’idoneità al volo».


ISOLAMENTO, RESILIENZA E SALUTE MENTALE – Il convegno accenderà i riflettori anche sulla salute mentale delle persone che «nei prossimi decenni vivranno e lavoreranno in orbita o in basi permanenti sulla superficie lunare», conferma la ricercatrice psicologa della NASA, Bettina Beard. «Per proteggersi dalle radiazioni, dalla polvere lunare e dai meteoriti, dovranno vivere in rifugi sigillati, isolati da amici e familiari che resteranno sulla Terra». Per questo «è necessario che si forniscano programmi di formazione che possano aiutare a sviluppare resilienza e capacità di comunicazione interpersonale. Queste persone avranno anche bisogno di formazione per imparare a riconoscere i primi segnali di malessere, depressione, perdita di interesse o ansia nei loro colleghi».


LE QUESTIONI ETICHE APERTE – Gli esperti al convegno si confronteranno infine sulle numerose questioni etiche che accompagnano la realizzazione di una nuova civiltà spaziale.


«Per evitare l’estinzione dovremo trovare un nuovo Pianeta da abitare, forse addirittura un nuovo sistema solare», spiega Christopher Mason, docente di fisiologia e biofisica alla Weill Cornell Medicine di New York. «Abbiamo il dovere morale di farlo, essendo l’unica specie consapevole che la vita è a rischio di estinzione. Abbiamo la responsabilità di agire come dei “pastori di vita”, non solo per la nostra specie ma per tutte quelle da cui dipendiamo e per quelle che verranno».


Probabilmente dovremo reinventare la vita, o meglio ingegnerizzarla affinché possa resistere nello spazio con radiazioni e temperature estreme, come osserva Brent Sherwood, vice presidente della azienda spaziale privata Blue Origin. «Potremmo immaginare un futuro post-umano in cui i nostri discendenti insediati nello spazio deriveranno filogeneticamente da noi ma non saranno come noi». In questa futura civiltà ai confini della fantascienza, le tecnologie usate per garantire la salute e la sicurezza delle persone potrebbero tra l’altro diventare un invasivo strumento di controllo di massa. Secondo Konrad Szocik, professore di scienze sociali all’Università di Resovia in Polonia, le donne potranno essere particolarmente a rischio, perché controllare loro significherà controllare la riproduzione nello spazio e dunque la sopravvivenza dell’umanità.


Nicoletta Curradi 

Fabrizio Del Bimbo